Uncle Chris
Lo chiamiamo Uncle Chris, che per chi non sa l’inglese significa “Lo zio Chris” (vi consiglio di impararlo, siamo nel 2022 – se non sai come, leggi questo). Diciamo che non è proprio mio zio, o comunque non lo è ancora; tecnicamente è lo zio di Michele (Michelle con una L), mamma della mia dolce metà. Mesi fa, parlando con lei dei miei interessi e di cosa faccio per vivere, la prima connessione che le è saltata immediatamente in mente è stato lui:
“Ho uno zio che vive in West Virginia nei boschi, fa il vino con qualsiasi cosa trova, va nel bosco a raccogliere erbe, fermenta di tutto… fa tutto da solo.”
Sai quando i pianeti si allineano e salta fuori qualcosa che sembra una coincidenza, una cosa che non sembra vera, un segno? Ecco, per me questo è stato uno di quei momenti. In quell’istante ero lucido, come risvegliato dal brusio e dall’offuscamento della realtà in cui “viviamo” mezzi addormentati. Quando sei consapevole di essere di fronte ad un’opportunità del genere, l’unica cosa che devi fare è coglierla, senza pensarci troppo. Magari per la gente che lo conosce, e pure per i suoi familiari, Uncle Chris è solo appunto Uncle Chris, lo zio tuttofare che vive nel bosco, che è sempre stato in quel modo e che, diciamo, non è niente di nuovo. Per me invece è stata rivelazione, e dal momento in cui ho sentito parlare di lui ho avuto solo un pensiero in testa, conoscerlo, spendere del tempo con lui, ed imparare il più possibile. Lui va a caccia di cervi? Ecco, io vado a caccia di persone come lui; persone che hanno una visione, che non si conformano, ma che in un certo senso hanno il coraggio di seguire ciò che gli dice la pancia. Amo questi tipi di esseri umani.
Arrivati nel parcheggio, mi mettono in guardia:
“ad Uncle Chris piace stà rilassato, parla sottovoce, lento (soprattutto quando beve in compagnia), che a volte non si capisce, quindi, se non capisci chiedi.”
La casa chiaramente è immersa nel bosco e ha una terrazza in legno sul retro, la quale si affaccia su una piccola vallata che incontra la foresta. Vi rendo partecipi del posizionamento della casa e di come è strutturata per aiutarvi ad inquadrare l’immagine del primo dei molti aneddoti sul famoso zio, in questo caso raccontatomi da Mike (padre della mia ragazza). Appena saliamo le scale scricchiolanti della terrazza per entrare in casa, Mike attacca subito:
“Vedi quella sedia? Ecco, Chris, si mette li e aspetta con un fucile in mano, con tutta la calma del mondo. Settimana scorsa ha fatto fuori tre cervi. Dovresti vederlo quando andiamo a caccia insieme, ha gli occhiali da vista, è praticamente cieco, ma due anni fa, ero li, l’ho visto sparare come nessun altro prima. A una distanza da qui a quell’albero laggiù (saranno stati 300m), ha fatto fuori tre cervi con tre colpi, uno dietro l’altro, pum, pum, pum. Magari non t’immagini quanto sia difficile e fuori dal comune fare una cosa del genere, ma te lo dico io, fu incredibile, come se nulla fosse. Ah si, poi finimmo la giornata tornando a casa con 5 cervi, legati sopra alla jeep.”
Entriamo in casa e Uncle Chris è seduto sul divano davanti alla televisione, saluta con un gesto, ma rimane li, sotto al suo capello da caccia, con i suoi occhiali da vista e la barba bianca che spunta. Rimango un po’ impalato li senza sapere cosa fare, se sedermi e dove sedermi. Meno male c’è Mike che subito inizia a fargli domande a raffica. Quasi inaspettatamente, dopo tre secondi, stanno già parlando di vini, di fermentati, di piante, e io, colto alla sprovvista sto ancora pensando al dilemma morale del “dove mi siedo? C’è solo un posto accanto a lui, non mi sono manco presentato.. cristo..”. Al che, Heather intuisce che il mio cervello è in tilt e con il suo fare schietto e deciso mi ricorda perché siamo li:
“Ce la fai? Li stai ascoltando? Capisci cosa dicono? Guarda che stanno già parlando della roba che interessa a te…”
Dopo la svegliata, mi siedo, Mike mi presenta ad Uncle Chris, salgo sul treno e iniziamo il viaggio.
Un fiume di informazioni e di idee vengono fuori dalla sua bocca, e sono indubbiamente logiche ai miei orecchi. Ha le ricette stampate in testa. Ad ogni domanda che gli viene posta risponde con quantità precise, tempi e temperature, come se stesse leggendo un libro, così naturale per lui.
Fa vini di tutti i tipi, utilizzando frutti selvatici, tra cui bacche di sambuco, mele, more di gelso, fragole di bosco, mirtilli e altri, ma anche fiori, come tarassaco, fiori di quercia ecc. In pratica il processo è sempre lo stesso, raccoglie quello che c’è da raccogliere, unisce acqua, lievito e poi zucchero per arrivare alla gradazione da lui voluta (difficile che stia sotto i 13% – gli garba stare bene). Da quello che ho percepito, utilizza i frutti della natura per dare un carattere al suo vino, li usa per donare qualche zucchero da fermentare, ma soprattutto quello che a lui interessa è l’aroma, il gusto. Sì perché, l’alcol si può ottenere, molto più facilmente, economicamente e senza tante seghe, aggiungendo dello zucchero da tavola – una di quelle cose che impari solo dopo anni e anni d’esperienza, quando ti sei rotto di stare a rispettare le regole e vuoi fare solo quello che ti va.
Sicuramente è una visione più americana rispetto alla mia o alla filosofia produttiva in generale italiana. Qua sono più concreti rispetto a noi, a loro interessa raggiungere l’obiettivo, nel modo più semplice ed efficace possibile, a noi invece interessa, soprattutto incasinarci la vita prendendo la strada più complessa, ma non per questo la più giusta. Dopo averne sentito parlare da lui sembra quasi normale e logico fare questi tipi di prodotti, ma sinceramente ad oggi non avevo mai assaggiato nulla del genere.
Continuando a parlare di fermentati ed aprendoci una bella Bud Light, ci mostra anche i suoi barattoli di pickled (sottaceti vari – cetrioli, peperoncini, fagiolini e chi più ne ha più ne metta) e salsa, ovvero la salsina piccante che viene usata per intingere le tortillas. Come se non bastasse, parlando di cervi e di caccia, ci tira fuori un bel salame di cervo, che ve lo dico a fare, lo ha fatto lui.
Le ricette di tutto questo ben di Dio, per adesso, non ho voluto impegnarmi a trascriverle, perché, prima cosa, spiegava tutto in Libbre, Fahrenheit, Galloni e Once, e poi perché non sono andato li per “avere delle ricette”, ma per conoscerlo e capire quale sia il suo approccio a questo tipo di lavorazioni. Avrò tempo in futuro per parlare ancora una volta di ricette, e magari avrò anche la possibilità di aiutarlo nelle sue produzioni, chissà.
Ci siamo dati il prossimo appuntamento tra un mesetto, quando sarà tempo di “go to ramping”, ovvero di “andare alla ricerca di porri selvatici”, che qua sono agognati come da noi gli asparagi selvatici, i funghi o i tartufi. Non li avevo mai sentiti, ma per loro sono una prelibatezza.
Naturalmente quando sarà stagione, potremo andare anche a funghi, a pesca, a caccia e chissà quali nuove conoscenze mi/ci riserverà questa nuovo essere umano entrato con tutta la sua energia sul nostro cammino.
Non vedo l’ora!
P.s. ah si, me ne sono andato via con due bottiglie di vino, due barattoli di sottaceti e il salame. Che idolo.
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