Migliori birrifici artigianali a Richmond, Virginia.

Quando ero in Italia, il vento che arrivava dal Nuovo Mondo, suggeriva uno stop nella crescita del fenomeno craft beer negli Stati Uniti, invece, più visito città e più parlo con persone, e più sembra che sia tutto in divenire. Nel 2022, in Virginia, nascono birrifici come funghi. Non a caso parlo di boom dei birrifici e di Richmond.

Una delle migliori amiche della mia ragazza vive a Richmond ormai da qualche anno, e abbiamo colto l’occasione di andarla a trovare per visitare pure qualche birrificio. Pianificando la visita, ho iniziato scrivendo “brewery” su google maps, sono venuti fuori un milione di pallini rossi, e sinceramente non sapevo da dove rifarmi.

Per restringere un po’ la cerchia delle opzioni sono andato alla ricerca di qualche classifica dei migliori birrifici, che fossero all’incirca nella zona dove abita Mandy (l’amica di Heather). Alla fine, ho deciso di limitarmi a studiare il quartiere chiamato “Scott Addition Historic District”, che è una zona riqualificata della città, rinomata per gli stabilimenti per la produzione di birra e sidro, i bar e le distillerie ospitate in ex magazzini. Roba da film insomma.

Ho contattato quelli che potesse valere la pena visitare e ho mandato una ventina di e-mail.  Non avendo ricevuto molte risposte nel breve tempo che ho concesso ai birrifici e dato che avevamo più di un contatto in città, mi sono affidato ai locals (Mandy e la sua schiera di amici). Internet e i siti di recensioni sono belli ed utili, ma se hai la possibilità di ricevere consigli da persone che vivono la città ogni giorno è tutta un’altra storia.

TIPS APNSP – Quando viaggi cerca sempre di creare contatti con dei locals. Questa è la differenza tra essere un mero turista, o un fottuto viaggiatore.

Strangeways Brewing

Annoverato come il primo birrificio craft di Richmond, non potevamo non passare di lì a farci qualche birra. Entrando, il posto pullula di gente e di chiacchiericcio, tavolate lunghe e gruppi misti. L’atmosfera è sì, quella di un posto rivoluzionario a pionieristico per quanto riguarda la socialità e la birra artigianale, ci piace già! Posto bello underground e musica, ci avviciniamo alle spine. Una grande varietà di birre suddivise per tipologia o per meglio dire per “gusto” – si vede che fin dagli albori hanno avuto a che fare con consumatori alle prime armi, e non potendo parlare direttamente per stili (se non sai di cosa parlo leggi qui), o essendosi stancati di ripetere sempre le stesse cose, tipo:

“che birre ti piacciono? Più dolci? Più amare?”

E alla ennesima risposta:

“direi….dolce, chiara… ma non troppo amara ma nemmeno troppo secca”

E alla ennesima sedia lanciata addosso al cliente si sono decisi a mettere quei cartelli.

Le categorie, costituite da almeno 3/4 ognuna erano così formate:

  • LIGHT
  • SWEET
  • TART/SOUR
  • NEW RELEASES
  • HOPPY
  • DARK/MALTY
  • FUNKY

Sicuramente, chi decide di aprire bocca e fare domande sulle birre, dopo l’adozione di questi cartelli, deve essere o molto stupido o in cerca di guai.

Io mi prendo una Pils, per testare il terreno, e Heather, come sempre sprezzante del pericolo chiede domande su che sour consigliano. Dopo tutto non ne usciamo male, due birre, una pils e una berliner weisse con sciroppo di lamponi aggiunto post-spillatura (alla vecchissima proprio, e sinceramente non mi fa impazzire vedere la bartender che spreme nella birra una bottiglia di sciroppo, anzi, è proprio tremendo), e un conto da 28$ (senza mancia – che quindi lievita almeno a 33$!). Un attimino troppo. Mi spiegano però che siamo in città e qua la vita costa una sassata, come direbbero dalle mie parti. In città o meno, mi limito a prendere quella birra e dopo qualche chiacchiera cambiamo aria.

Se siete preparati (portafoglio gonfio) però, è un bel posto dove finire a bersi una bella sequela di birre, anche se la sour non è che mi abbia entusiasmato molto, anzi, per niente (sciroppino a parte), e neanche alla mia dolce metà. Devo dire però che il nostro concetto di sour è completamente diverso dal loro; quindi, la mia opinione è probabilmente influenzata anche da quello. Per loro definire una birra sour significa che è acida, niente filosofie, naturalità o complicazioni del genere. Sour=Acidume, punto e basta. Visione da rispettare. Zero seghe.

Ardent Craft Ales

Anche qua, come al primo birrificio, lo stile è industrial ammerigano, ma a differenza del primo ha un bel fuori, con una struttura che permette di godersi una birra all’aperto anche d’inverno. La cosa che noto subito è il numero di cani che circola fuori e dentro al pub; mi spiegano che Richmond è rinomata per essere più che dog-friendly, quasi dog-figli. Anche qua faccio il noioso critico e mi prendo una bella Pils, mentre Heather la rischia sempre con una sour cetriolo e lime, che devo dire ha fatto la sua porca figura rispetto alla precedente, e pure la mia. Ci stiamo alzando di livello.

Dopo aver “respirato” la birra, dato che Heather mi ha insegnato un gioco di carte che ha l’unico scopo di farti bere ad ogni turno, chiamato drunk driver (che vi spiegherò nel prossimo articolo su giochi alcolici per bere), ci dirigiamo alla terza ed ultima tappa.

Väsen Brewing Company

Questo era l’unico birrificio che avevo selezionato personalmente, in quanto era uno dei pochi in città che avevano un vero e proprio progettino sour (con tanto di spontanee/blend e altra roba), ma anche perché era l’unico con cui avevo avuto un vero e proprio scambio di e-mail. Naturalmente, il birraio non era in città quel giorno; quindi, alla fine, anche qua è stata solamente una visita da “clienti”, senza conoscere persone e limitandoci ad assaggiare e giudicare il posto e le birre. Nei prossimi mesi riproverò la visita vera e propria in presenza del birraio, dato che a Richmond ci sono altri birrifici seri da visitare.

Il posto è davvero ben pensato e all’occhio fa la sua sporca figura. Sembra una pubblicità! Ed è pieno zeppo di gente; anche quella da pubblicità. Dove sono i pub di una volta dove trovavi il briacone di paese e dove ti potevi bere la tua birra-combattidepressione da solo senza essere giudicato per il tuo outfit e senza dover stare attento che il figo di turno ti rubi la donna? Bei vecchi tempi quelli.

Quindi, oltre alla location super-fancy, alla gente super-agghindata/hipsterina, il muro delle spine non è da meno, ma in questo caso non mi lamento. Sono esigente sulla selezione di birre, non mi accontento delle ¾ classicone fatte bene; quindi, sono contento di avere a disposizione una ventina di birre moderne e con nomi studiati, probabilmente dall’ex direttore marketing della Apple.

Qua, vuoi per l’atmosfera, vuoi perché ci raggiunsero molti altri locals, ci fermiamo per 3 o 4 birre. Io parto con una Italian Pilsner (davvero piacevole e ben fatta) ed Heather gnene dà ancora di acida, ma questa volta parliamo di acide serie, il loro blend spontaneo n1. Le aspettative per questa sour erano bassine, tra il fatto che era proprio il blend numero 1, che quindi, immagino, non abbiano fatto molta esperienza, la faccia di Heather schifata al primo sorso, e la conclusione con la sua classica frase abbinata a smorfia: “mmmhllaaaa I don’t like it. You drink it!”, ero pronto al peggio. Invece. Butto il naso nel bicchiere, cautamente e ad occhi chiusi, come se stessi per ricevere una scossa elettrica da tesmed (famoso elettrostimolatore) alle palle. Sorpresa! Una vera spontanea! Riconosco gli aromi, la complessità e l’evoluzione che solo queste birre possono darci. Bravi!

Dopo aver rotto il ghiaccio con questo primo assaggio, sapevo che avremmo bevuto bene, e così fu.

Non vedo l’ora di tornare, per vedere anche come producono e la loro idea di produzione.

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