Viaggio Birrario in Belgio 2016 – Parte 2

(per chi non avesse letto la parte 1, o si vuole semplicemente rinfrescare la memoria ecco il link del primo episodio). Procediamo.

La mattina del Quintessence, l’evento di degustazione al birrificio Cantillon, ci svegliamo un po’ rotti, ma in orario perfetto, prendiamo il treno da Leuven a Bruxelles, e poi prendiamo la metro per avvicinarci al quartiere di Anderlecht dove si trova il birrificio – non proprio uno dei più tranquilli della città.

Sappiamo che siamo sulla direzione giusta perché incontriamo sempre più americani e anglofoni in generale con la classica tenuta da beer-geek (nerd della birra): maglie di birrifici super hype, cappelli di varie forme e dimensioni, tracollina con il bicchierino e volantino dell’evento in mano. Ma li riconosci soprattutto per le loro chiacchiere da chi non ha altro di meglio da fare che spendersi lo stipendio in birre da 100€ a boccia. Adesso sapete anche perché decisi a suo tempo di fare il birraio; essenzialmente non volevo più spendere per bere.  

@intravino.com

Arriviamo all’inizio della via e in lontananza vediamo la coda dei birrofili tremolanti con l’ansietta addosso, di chi vuole iniziare a bere perché di solito alle 10 di mattina ha già iniziato. Li vedi lì, come fiammanti e irrequiete teenager con gli occhi inniettati di sangue, che aspettano a gloria i Backstreetboys nel backstage di un concerto da urlo. Loro però muoiono dal sapere che c’è anche solo una remota possibilità, che magari, potrebbero incontrare il loro idolo dei sogni, il mitico Jean Van Roy (per chi non lo conosce è quello nella foto in basso), attuale birraio e proprietario di Cantillon – adulato da ogni vero beer-geek.

@beer.be

Quando ti metti in piedi davanti all’entrata di quel birrificio per la prima volta, ti fermi un attimo, e inizi a pensare. A qualsiasi ora del giorno che passerete li davanti, è molto probabile che troverete una, due, o tre persone, bloccate, accigliate, con il cervello che lavora come il grinder di Bob Marley (pace all’anima), e che stanno pensando: “dopo tutte le storie sentite sulle fermentazioni spontanee, i microorganismi dell’aria, la magia dell’irripetibilità di quelle produzioni se non li…ma me stanno a prende per il culo (chiaramente con un accento romano)?! Letteralmente in mezzo ai palazzi, in mezzo alla città, allo smog, alle macchine, mah.

Quando ti metti in piedi davanti all’entrata di quel birrificio per la prima volta, ti fermi un attimo, e inizi a pensare.

Quindi, di solito varchi il portone un po’ dubbioso, con la puzza sotto al naso, e invece la magia si è mantenuta, ma all’interno delle mura dell’edificio. Sembra che, li dentro, tutto sia rimasto separato dall’evoluzione esterna, sembra che si siano dimenticati di una cosa soltanto, stare al passo coi tempi. Inizialmente, quando fu fondato il birrificio era davvero in mezzo ai campi, vicino a coltivazioni di frutta e alla vita rurale, ma poi piano piano, la città ha iniziato a divorare la campagna allargandosi sempre di più ed infine inglobando anche loro.

La loro fortuna? Aver continuato a produrre, ed il fatto di avere così tanto legno al suo interno (travi, botti e legni vari) da essere una vera e propria casa per tutti quei santi microorganismi (ai microorganismi piace infilarsi nei pertugi del legno, aspettando qualche bello zuccherino).

Entriamo, eravamo al turno delle 10:30, ci chiamano, facciamo il biglietto (davvero 35€!), ci danno il programma delle degustazioni e partiamo. Il tutto era organizzato con un percorso all’interno del birrificio cadenzato da degustazioni, un tour bevuto di uno dei migliori birrifici al mondo che fanno fermentazioni spontanee, un sogno! Questa era la sequenza delle birre in degustazione:

  1. Grand Cru Bruocsella
  2. Aunis
  3. Zelige
  4. Lou Pepe Kriek
  5. Rosé de Gambrinus
  6. Riesling
  7. Vigneronne
  8. Cuvée Saint-Gilloise
  9. Fou’ Foune
  10. Zwanze 2012 (Rhubarb)
  11. Barrica Blend #1(Ales Agullons)
  12. Barrica Merlot (Ales Agullons)
  13. Setembre especial Nadal (Ales Agullons)
  14. Barrico 2013 (Ales Agullons)
  15. Barrica kumquat (Ales Agullons)
  16. Setembre (Ales Agullons)
  17. Aspérule
  18. Iris
  19. Iris Grand Cru
  20. Cantillon Gueuze +2+3+4
  21. 1996 Gueze
  22. La Vie est Belge
  23. 50°N-4°E

Non ve le sto a spiegare tutte, ma vi basta sapere che erano 23 birre con 6 abbinamenti culinari, roba che se la compri in un pub non ti basta davvero lo stipendio.

Viaggio Birrario in Belgio

Fuori dal birrificio ad aspettare pazientemente in fila, in modo ordinato e nordico, c’erano solo personaggi che venivano da extra-Europa o al massimo nord Europa, e infatti ci chiedevamo se fossimo stati davvero così fortunati da non dover incontrare italiani all’estero o se c’era qualcosa sotto. Neanche a dirvelo, c’era qualcosa sotto.

Dovete sapere che Jean (proprietario di Cantillon) deve ad un italiano (Kuaska), e agli italiani in generale, il fatto di non aver dovuto chiudere i battenti decenni fa. Infatti, siamo stati noi, rumorosi, bastardi, ladri, pizzaioli, vincitori di mondiali, ad aver mantenuto in vita birrifici come il suo, quando quelle birracce acide non se le cacava nessuno. Per questo, naturalmente, gli italiani avevano già saltato la fila ed erano tutti dentro a fare macello. Che gran rottura. Ormai, comunque, ci siamo abituati ad avere a che fare con i nostri connazionali all’estero, e come sempre, abbiamo dovuto fingere di essere di una qualche altra nazione e mantenere un profilo basso, per non essere aspirati dalla spirale attrattiva di quei tremendi, e poter godere del percorso degustativo incredibile.

Tanto, il casino, noi, lo saremmo andati a fare fuori, in qualche barraccio, non alla Mecca delle birre sour.

Dopo aver comprato qualche gadget (la maglietta è d’obbligo, non sei nessuno senza la maglietta di Cantillon) e qualche birra, (strettamente limitate ad una bottiglia per tipo a persona, per evitare che arrivi lo yankee di turno a fare pulito), ci siamo diretti, tutti sbronzi di birre acide di alto livello, ad un pub qualunque per finire il lavoro.

Tanto, il casino, noi, lo saremmo andati a fare fuori, in qualche barraccio, non alla Mecca delle birre sour.

Era la prima volta che bevevamo così tante birre acide tutte in una volta, è una botta strana, piacevole, e noi stavamo alla grande. Quindi, sulle ali dell’entusiasmo e del bruciore di stomaco, dopo qualche birra in più ci dirigemmo verso l’appartamento a Leuven, cucinammo qualcosa, e naturalmente uscimmo a fare baldoria, questa volta però senza i limiti Cantillon connessi. Birra, tequila, birra, TeQuila, BIra, tEQUIla, BirrA, tequila. Questo fu la nostra serata e devo dire che fummo un po’ troppo spavaldi.  Il mattino dopo non avevamo un appuntamento qualunque, non dovevamo andare dal parrucchiere o alle poste, dovevamo andare a Beersel, cittadina praticamente irraggiungibile senza mezzo (e noi non lo avevamo), per visitare altri due mostri sacri, Oud Beersel e Drei Fonteinen.

Vi lascio alla prossima puntata con un consiglio, che mi dava sempre il mi Babbo, e che se lo avessimo ascoltato questa volta ci avrebbe fatto comodo:

La sera leoni, ma la mattina coglioni”.

Si , lo eravamo. I secondi.

Tom

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